Allontanandosi dal Centro abitato, camminando nei verdi prati della campagna santangiolese, attraverso un idoneo itinerario, ci si imbatterà in numerosi e caratteristici piccoli “trulli” in pietra. Questi sono dei piccoli ricoveri, utilizzati negli anni passati come rifugi da contadini e pastori. Con la particolare forma a trullo, in pietrame a secco e con pianta circolare, hanno dimensioni ridotte, attorno ai due/tre metri di diametro e due metri di altezza, e con la copertura a tetto conico, formato da lastre di pietrame locale, “lisce”, messe a scalare, a cerchi concentrici aggettanti verso l’interno. All’interno qualche nicchia per riporre alcuni piccoli oggetti, pavimento in tema o lastre di pietrame su cui era possibile accendere un piccolo focolare e poche pietre per sedersi: testimonianza, insieme al numerosi terrazzamenti in pietrame a secco, della vita agricola e delle colture praticate, una volta, anche a queste quote, poco al di sopra dei mille metri, ma ora abbandonate ed abbellite in primavera da macchie di ginestre e rosa canina.
Si possono incontrare, continuando nel percorso, anche numerose masserie, Masseria Capo la Valle, Masseria Fonte Trainone, Masseria Fonte Mancino, site nei pressi di antichi fontanili.
Altro ambiente è quello che troviamo continuando a nord lungo la via principale o lungo ramificazioni secondarie. Una natura selvaggia lungo il Vallone Paradiso con flora rupicola e ripariale lussureggiante che, a volte ostacola il passaggio, lungo il torrente in cui acque limpide danno origine anche a numerosi salti e cascate. Di cui la più imponente, la “Cascata Paradiso”, a confine tra i comuni di santa Maria del Molise e Carpinone.
Procedendo verso est il paesaggio diventa meno impervio fino ad arrivare alla seconda Cima del Paese, “La Macchia”, che domina la Valle ai suoi piedi, “Valle Fredda”, situata tra i comuni di Santa Maria del Molise, Carpinone e Macchiagodena.
Un’antichissima storia è legata a queste zone. Dalla Montagna che domina la valle e che rientra nel comune di Carpinone ai confini con Macchiagodena, tantissimi anni fa sorgeva un monastero di frati benedettini. Un’armata di saraceni, che al tempo imperversavano in Italia Centromeridionale, nel corso di un’incursione assaltarono l’eremo e tagliarono la testa a tutti i poveri monaci che lo abitavano gettandole poi dalla parete rocciosa a valle. Da allora il luogo, per le popolazioni locali, prese il nome di “Capocce”.
Processione alla Santa Croce
Sino agli anni Sessanta, svolgeasi il dì 3 maggio, la tradizionale e caratteristica processione, detta di “Santa Croce”. Essa si ricollegava idealmente alla ricorrenza del ritrovamento del sacro legno della Santa Croce di Gesù in Gerusalemme, ove Sant’Elena, madre di Costantino, primo Imperatore critiano, si era recata nell’anno 326 in devoto pellegrinaggio penitenziale.
Tale processione consisteva nel recarsi di buon mattino in corteo e devoto raccoglimento tra inni e canti nei luoghi ove sorgevano le Croci Viarie, sia semplici che monumentali, dentro e fuori dal paese, per arrivare infine, a quella situata in località “Capolavalle”, ad un miglio circa dal centro abitato.
La parte più originale e suggestiva era rappresentata dalla giovani ragazze che indossavano una veste bianca tutta di un pezzo da cima a fondo, con i capelli sciolti lungo le spalle in balìa del vento e una corona di spine di rovi sulla fronte. Immagini quasi di celestiale bellezza, rimaste impresse nella memoria di chi “ancor proferir può”.